Ho sempre adorato rovistare tra le bancarelle dei mercati dell’usato. Riescono a trasmettermi quella sensazione di esser come trasportata oltre il tempo presente, forse indietro, forse semplicemente in un mondo parallelo, dove diventa possibile svestire i propri abiti per indossare la storia di qualcun altro.

La prima cosa a cui penso quando acquisto un oggetto usato è: chissà che viaggio avrà fatto prima di arrivare qui, a chi sarà appartenuto? perchè il proprietario avrà scelto di disfarsene? Quale sarà la sua storia?

Qualche giorno fa, Netflix mi ha consigliato un documentario appena uscito, dal titolo: “worn stories, i vestiti raccontano”. Mi ha convinta l’anteprima. Una donna racconta di come, smarrire il suo cappotto (un pezzo unico scambiato con un altra giacca al guardaroba di un locale) l’ha aiutata a vivere una piccola spy story di una sera, riavvicinandola alla cugina che ha vissuto con lei quell’ esperienza. Un famoso sassofonista descrive il legame speciale con un indumento di scena, un sospensorio regalatogli da Tina Turner e come questo ha influenzato la sua carriera. Un uomo ricorda il suo legame speciale con sua nonna, attraverso le cravatte che lei confezionava da quando per lavoro decise di trasferirsi dall’Europa all’America. La semplicità e la naturalezza di ogni storia raccontata, è un frammento di umanità che commuove.

In un certo senso, Emily Spivack, autrice del documentario tratto dal suo blog e diventato poi romanzo, ha ricercato in giro le risposte alle domande che ogni volta mi faccio, quando acquisto un capo o un oggetto di seconda mano. Tutto ha avuto inizio quando la sua ossessione per il vintage l’ha portata ad acquistare su eBay un completo originale da coniglietta di Playboy, che portava con se la carta di identità della proprietaria. Da li ha iniziato ad interessarsi e ad intervistare le persone dietro ai capi e di conseguenza, riportare i loro racconti, che hanno contribuito al riadattamento del suo romanzo per il documentario di Netflix.

Portare in dosso un pezzo di storia altrui, mescolarla alla mia, è un gioco che mi piace moltissimo e che in un certo senso ho sempre provato a fare fin da quando ero adolescente.

La storia dell’autrice, mi ha ricordato di quando, in un paio di casi, è successo anche a me di trovare qualche indizio nemmeno troppo nascosto, all’interno di un capo o un oggetto di seconda mano, come quella volta in cui, al mercato settimanale dell’usato, ho acquistato una borsa in cuoio vintage, modello postina.

Una volta a casa, sollevando la patta frontale con l’obiettivo di pulirla al suo interno, perfettamente disposte e ordinate , dentro una pellicola trasparente cucita alla borsa,  ho trovato un mucchio di fototessere in bianco e nero. Non ho mai saputo chi fossero quei volti seri immortalati nelle immagini, e tantomeno che legame avessero con la precedente proprietaria della borsa, ma per me ognuno di loro aveva un nome e una storia.

Due anni fa invece, ho acquistato due libri usati da una bancarella nel mio quartiere.

Uno di questi era da tempo nella mia wish list, ma per un paio di giorni è rimasto li sul comodino, fino a che non mi sono decisa ad inizarne la lettura. Nella prima pagina, quella che di solito è bianca e vuota, ci ho trovato una dedica. La donna si firmava Manu, e le parole erano queste:

“…l’amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita: ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. L’amore può condurci all’inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. E’ necessario accettarlo, perchè esso è ciò che alimenta la nostra esistenza. …è necessario ricercare l’amore là dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e tristezza. Perchè, nel momento in cui partiamo in cerca dell’amore, anche l’amore muove per venirci incontro, e ci salva…” con tanto affetto. Manu

Ho poi scoperto essere un estratto di un romanzo di Coelho, “sulle sponde del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”, che ho letto durante l’adolescenza, ma che non ricordavo minimamente.

Inutile dire che la mia vena romantica, quella nascosta sotto molti strati di scetticismo e sarcasmo, è affiorata quel tanto che bastava a mettermi di buon umore. Magari era proprio quella l’intenzione di Manu quando a deciso di regalare il libro mettendo nero su bianco quelle parole.

Indossare un accessorio o possedere un oggetto con una vita precedente alla mia è quello che faccio tutt’ora, quando metto capi rubati al guardaroba di mia nonna, o porto al dito l’anello che mia madre ha acquistato in Grecia, da giovane, durante l’unico viaggio all’estero della sua vita.

Questa attitudine alla curiosità per le vite degli altri, influenza molto la mia sfera personale, tanto quanto il mio lavoro.

Ascolto storie nuove ogni volta che entro nelle case dei miei clienti, quando mi parlano di quell’oggetto che fa parte della loro vita da sempre, tanto da volerlo portare con se in ogni trasloco, o di quel particolare arredo tramandato da generazioni e che passa di casa in casa, acquisendo ogni volta un tassello di vita in più, un nuovo racconto da portare avanti, una storia sempre più ricca da far proseguire.